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Il culto del maialetto sardo spiegato da un sardo

Il Maialetto sardo (il maiuscolo è dovuto) è una leccornia che deve sottostare a specifiche caratteristiche di cottura, peso, preparazione e presentazione, cosa che, mi direte voi, vale anche per la Nobile Toscana. Senza nulla togliere alla Fiorentina (anche qui il maiuscolo è d’obbligo) che, in fin dei conti è una “bisteccona” e, chiaramente, se ben frollata, preparata e scelta è una fuoriclasse della nostra tradizione. Il Maialetto in Sardegna è un culto, un culto che può variare da zona a zona della stupenda isola. Personalmente vivo nella zona del Medio Campidano, e qui da noi il Maialetto (contro le norme igienico/sanitarie che ne proibiscono questa tipologia di preparazione) lo si prepara così: il peso dell’animale non deve superare i 5,5 – 6 kg, altrimenti si parla di “Porchettone” (ottimo anche lui).

Acquistare il prezioso dono della natura in macelleria è un affronto (anche se a volte non se ne può fare a meno). Lo si deve acquistare da un allevatore (in regola con vaccinazioni e quant’altro) che lascia allo stato brado gli animali, i quali quindi si nutrono in maniera naturale e spesso (se la fortuna ci assiste), si incrociano con i cinghiali, numerosissimi, dando una connotazione particolare alle carni del prelibato boccone. Una volta “sacrificato” il Maialetto, lo si appende e lo si “punge” alla giugulare in maniera da fare defluire tutto il suo sangue, che va meticolosamente raccolto perché necessario allo step successivo.

LA “SCHIDONATURA” DEL MAIALETTO

E qual è l’operazione successiva da compiere? È la “schidonatura”. 

Il passo successivo è preparare l’animale: privarlo delle setole, eviscerarlo, trattenendo solo le reni e praticando due piccole “tasche” nel costato dove si riporranno i cosiddetti “piedini”. Ci sono persone che ucciderebbero per accaparrarseli (assieme al cervellino). Si procede poi a “dipingere” l’animale con il suo sangue: può sembrare una cosa cruda e raccapricciante, ma solo fino a quando non si assaggia la croccantissima e deliziosa cotenna. A questo punto si passa a una rapida affumicatura su un fuoco fatto esclusivamente di Mirto.

E infine è il momento della “schidonatura”, cioè mettere il Maialetto allo spiedo. Anche questa è un’arte, non è una cosa da poco “schidonare” bene il Maialetto, si tratta di una procedura fondamentale per la perfetta riuscita della cottura. Mentre il fuoco “si sta facendo” (servono tantissime braci per una cottura che deve superare le 2 ore), si posiziona il maialetto a una congrua distanza perché deve “stirare”. Quando le braci sono sufficienti e il Maialetto è “ben stirato”, lo si posiziona attentamente in prossimità delle braci e si inizia la cottura, aiutati dal girarrosto.

Attenzione: la cottura del Maialetto non è una banale attesa, ma è una cottura attiva, anzi direi “interattiva”, in quanto le braci vanno accuratamente posizionate e spostate in funzione della cottura. Chiaramente “l’arrostitore” deve essere opportunamente supportato con abbondanti bicchieri di vino rosso (anche la birra è accettata), salsiccia, formaggi vari, durante tutto il lungo processo di cottura, che non mi stancherò mai di dirlo, è un’arte.

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